Aborto aborto, malandrino, dove sei?

pubblicato da Giulia domenica, Marzo 9, 2008 17:20
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Per arrivare alla manifestazione dell’otto marzo in piazza Navona mi sono dovuta perdere con un gruppo di quattro signore anziane, delle quali nessuna era diretta alla manifestazione stessa o a quella concorrente, in piazza Farnese, organizzata dal movimento antiabortista di Giuliano Ferrara. Come la maggior parte delle donne della Capitale, erano dirette altrove, ad intrattenimenti pomeridiani oppure a via del Corso per lo shopping. Ma quando l’autobus, deviato sul Lungotevere, ci ha fatte scendere perché il centro era interdetto al traffico, io e le prime due ci siamo trovate nella condizione di indovinare la strada insieme. E fra una svolta e l’altra, abbiamo guadagnato altre due signore, sempre oltre la sessantina, sempre dirette a piazza Venezia.

Roma è una città bizzarra perché, pur essendo stata costruita da gente che è celebre per aver seminato centri abitati fatti di strade perfettamente perpendicolari fra di loro (si fa prima a costruire sulla pianta ordinata di un accampamento che ad inventarsi fantasiose combinazioni di vie) è piena di vicoli ciechi, viuzze che sembrano portare ad altre vie più grandi e invece portano ad altre viuzze che portano ad altre viuzze e a un certo punto non solo non sai più dove sei, ma sei anche a diversi chilometri da dove volevi andare. E’ fatta come un uovo di Pasqua, c’è sempre la sorpresa dentro: quartieri graziosissimi, chiese mai viste, strade deserte. Di vicolo in vicolo, ho seminato le mie compagne d’avventura e sono arrivata prima a piazza Venezia, e poi, passin passino, a piazza Navona.

Qui, il dilemma.

Vado ad unirmi alle fila di quelli che sento amici, o mi infiltro (rischiando di far numero) fra quelli che non riconosco nemmeno come lontanamente parenti? La rassicurazione di piazza Navona, o il brivido di terrore di piazza Farnese? Il diavolo che conosco, o quello che non conosco?
Alla fine, decido per la svolta a destra. Prima Piazza Navona. Come un esorcismo, una benedizione. Peccato che sul palco, nei dieci minuti in cui sono rimasta nella piazza dove i quattro fiumi si incontrano sotto lo sguardo benevolo della mamma di Gesù, ci fosse un sindacalista il cui nome ho rimosso e che faceva due palle così.

A piazza Farnese, invece, c’era la musichina. -ina, nel senso che sul palco (a comizio abbondantemente concluso) c’era quella che poi ho scoperto essere la band degli obiettori dei consultori. La piazza, a pochi minuti dalle 17.00, era quasi vuota. Sotto il palco, qualcosa come duecento persone, ad essere generosi. Bambini, scarsi. Donne, anche, a meno che come donne non contassero anche le dodici-quattordicenni che ballavano felici al suono delle peggiori cover che mi sia capitato di sentire dai tempi in cui andavo alle sagre sul Carso. Ma lo sapete, mi veniva da dire, che questo signore qui vi considera meno importanti dell’eventuale contenuto del vostro utero? Lo sapete che questo signore qui si è espresso pubblicamente contro la contraccezione perché spoetizza il sesso?

“Questo signore qui”, nel frattempo, era seduto su un angolo del palco, intento a firmare autografi. La band suonava, e la piazza si svuotava progressivamente. Valorosi, i volontari del suo movimento – in maggioranza giovani maschi – sventolavano le bandiere. Alle 17.15 circa, la situazione era quella che vedete in questo filmato.

Dov’erano le folle in tripudio? Dov’era la celebrazione della vita? Dov’erano la gioia e la partecipazione popolare alla grande rinascita umana di un movimento che tuteli il concepito a tutti i costi? A fare shopping, ecco dove. Perché in piazza con Ferrara, tolti i suoi ultras, i curiosi e gli infiltrati dalle linee nemiche, è scesa ben poca gente.

Mentre mi allontanavo, ho sentito la band degli obiettori annunciare la fine dell’esibizione. Musica. Finita così, “Come la notte degli Oscar” (Emiliano), come una festa delle medie andata avanti troppo a lungo, in cui pochi irriducibili continuano a ciondolare anche molto dopo che il divertimento è finito.

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